A volte quello che può sembrare un progresso può in
realtà rivelarsi una sconfitta. Il fatidico concorso nazionale, tanto
desiderato e atteso da moltissimi studenti, nato principalmente per dare
maggiore opportunità di ingresso nelle Scuole di specializzazioni ai
neo-laureati, non è stato altro che l’ennesimo fallimento di un sistema che non
va, uno Stato in cui si è perso il valore di tutto anche del vero significato
dell’essere medico.
Il concorso nazionale è stata una
delusione e non solo perché si davano poco più di 5000 contratti non tenendo
conto degli oltre 10000 aspiranti specializzandi, laureati e disoccupati, ma perché
ormai non si conosce più l’importanza di essere medico, non è valorizzata la
passione, l’amore, la vocazione ma tutto si risolve in mera “fatalità” e “fortuna”,
una “X” che decide per il tuo futuro, un test prettamente “super specialistico”
da manuale di medicina interna a cui nemmeno i professori stessi saprebbero
rispondere e poi…ancora un test, l’ennesimo test, dopo quello per l’ingresso al
corso di studio, quello per l’abilitazione e alla fine pure per la
specializzazione. Ormai essere medico significa saper indovinare una “X” !
Sgomenta, sconcertata e rammaricata ho assistito a discorsi di aspiranti
specializzandi che dicevano di tentare sei scuole perché previste dal bando e
di SPERARE di piazzarsi in almeno una di quelle, indipendentemente da quale,
pur di “salvarsi”, pur di riuscire a non perdere un altro anno, nel caso togliendo, grazie a un
colpo di fortuna, un posto a chi quella scuola l’aveva da sempre sognata.
Non vorrei chiedere troppo ma vorrei che si
riflettesse almeno per cinque minuti su questa situazione, che tipi di medici
sfornerebbe questo sistema? Non ci saranno più medici premurosi nelle cure,
attenti, delicati, sensibili, medici che penetrano l’animo dei pazienti e ne
capiscono la malattia, bensì medici che si ritrovano lì per pura casualità.
Questo concorso dà la
parvenza di valutare il sapere scientifico e le abilità tecniche ma non lo fa
affatto, essere medico è tutt’altro quello che “valuta” questo concorso… si
parla di vera saggezza, compassione, pazienza, capacità di dare conforto umano,
sensibilità per un paziente, abilità totalmente trascurate nell’attuale
programma concorsuale.
Non è una “X” che fa
di un uomo un bravo medico, non è la “fortuna” che dà lavoro, si DEVE avere
passione per una determinata scuola, per una determinata materia, per una professione
e basta, niente tentativi, niente colpi di fortuna! Una graduatoria nazionale
non giudica ma distrugge, e poi, se proprio si è costretti ad assecondare
queste nuove regole che almeno siano uguali per tutti, è impossibile competere
con computer, internet, cellulari, ipad, è impossibile per la mia mente, per
quanto possa conoscere la medicina, raggiungere il punteggio di altri che hanno
collaborato o hanno trovato l’aiuto in dispositivi elettronici.
Le regole
dovrebbero valere per tutti.
Io voglio fare il medico con tutto il mio cuore, io
voglio diventare medico per assistere il mio prossimo ma per questo ho perso
tutto. Non è più la passione che ci deve guidare ma la “fame” di potere, la “voracità”
di prevalicare sull’altro, “homo homini
lupus” anche in questo caso sebbene
dovrebbe trattarsi delle più nobili delle professioni.
Nonostante tutto guarderò ancora con fiducia
il mio scopo: diventare un bravo medico. Questo concorso può impedire di
ottenere un titolo, può impedire il camice bianco, può impedire che vinca la
vera vocazione, ma non può impedirmi di parlare. Ci sono tante spine in tutto
ciò che è successo, ma la più grande e la più dolorosa è che non si sa più chi
davvero chiamare MEDICO.
Anna
Rita T.
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