Aristotele: L'Uomo è l'animale parlante

"...Perciò è chiaro che l’uomo è un animale più socievole di qualsiasi ape e di qualsiasi altro animale che vive in greggi. Infatti, secondo quanto sosteniamo, la natura non fa nulla invano, e l’uomo è l’unico animale che abbia la favella: la voce è segno del piacere e del dolore e perciò l’hanno anche gli altri animali, in quanto la loro natura giunge fino ad avere e a significare agli altri la sensazione del piacere e del dolore; invece la parola serve a indicare l’utile e il dannoso, e perciò anche il giusto e l’ingiusto. E questo è proprio dell’uomo rispetto agli altri animali: esser l’unico ad aver nozione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e così via..."

(Politica, in Politica e Costituzione di Atene di Aristotele)

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lunedì 24 novembre 2014

il "concorso" ...RIFLESSIONI


A volte quello che può sembrare un progresso può in realtà rivelarsi una sconfitta. Il fatidico concorso nazionale, tanto desiderato e atteso da moltissimi studenti, nato principalmente per dare maggiore opportunità di ingresso nelle Scuole di specializzazioni ai neo-laureati, non è stato altro che l’ennesimo fallimento di un sistema che non va, uno Stato in cui si è perso il valore di tutto anche del vero significato dell’essere medico.                      
 Il concorso nazionale è stata una delusione e non solo perché si davano poco più di 5000 contratti non tenendo conto degli oltre 10000 aspiranti specializzandi, laureati e disoccupati, ma perché ormai non si conosce più l’importanza di essere medico, non è valorizzata la passione, l’amore, la vocazione ma tutto si risolve in mera “fatalità” e “fortuna”, una “X” che decide per il tuo futuro, un test prettamente “super specialistico” da manuale di medicina interna a cui nemmeno i professori stessi saprebbero rispondere e poi…ancora un test, l’ennesimo test, dopo quello per l’ingresso al corso di studio, quello per l’abilitazione e alla fine pure per la specializzazione. Ormai essere medico significa saper indovinare una “X” ! Sgomenta, sconcertata e rammaricata ho assistito a discorsi di aspiranti specializzandi che dicevano di tentare sei scuole perché previste dal bando e di SPERARE di piazzarsi in almeno una di quelle, indipendentemente da quale, pur di “salvarsi”, pur di riuscire a non perdere un  altro anno, nel caso togliendo, grazie a un colpo di fortuna, un posto a chi quella scuola l’aveva da sempre sognata.                                  
 Non vorrei chiedere troppo ma vorrei che si riflettesse almeno per cinque minuti su questa situazione, che tipi di medici sfornerebbe questo sistema? Non ci saranno più medici premurosi nelle cure, attenti, delicati, sensibili, medici che penetrano l’animo dei pazienti e ne capiscono la malattia, bensì medici che si ritrovano lì per pura casualità.            
Questo concorso dà la parvenza di valutare il sapere scientifico e le abilità tecniche ma non lo fa affatto, essere medico è tutt’altro quello che “valuta” questo concorso… si parla di vera saggezza, compassione, pazienza, capacità di dare conforto umano, sensibilità per un paziente, abilità totalmente trascurate nell’attuale programma concorsuale.                    
 Non è una “X” che fa di un uomo un bravo medico, non è la “fortuna” che dà lavoro, si DEVE avere passione per una determinata scuola, per una determinata materia, per una professione e basta, niente tentativi, niente colpi di fortuna! Una graduatoria nazionale non giudica ma distrugge, e poi, se proprio si è costretti ad assecondare queste nuove regole che almeno siano uguali per tutti, è impossibile competere con computer, internet, cellulari, ipad, è impossibile per la mia mente, per quanto possa conoscere la medicina, raggiungere il punteggio di altri che hanno collaborato o hanno trovato l’aiuto in dispositivi elettronici. 
Le regole dovrebbero valere per tutti.                                                                             
Io voglio fare il medico con tutto il mio cuore, io voglio diventare medico per assistere il mio prossimo ma per questo ho perso tutto. Non è più la passione che ci deve guidare ma la “fame” di potere, la “voracità” di prevalicare sull’altro, “homo homini lupus” anche in  questo caso sebbene dovrebbe trattarsi delle più nobili delle professioni.                               
Nonostante tutto guarderò ancora con fiducia il mio scopo: diventare un bravo medico. Questo concorso può impedire di ottenere un titolo, può impedire il camice bianco, può impedire che vinca la vera vocazione, ma non può impedirmi di parlare. Ci sono tante spine in tutto ciò che è successo, ma la più grande e la più dolorosa è che non si sa più chi davvero chiamare MEDICO.

Anna Rita T.

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